Vorrei iniziare la mia preghiera partendo dall’immagine del clochard Saddam Hussein nella sua dimensione di povero, lungi da ogni indulgenza per il sue azioni nefaste e nel rispetto di tutti i barboni gli straccioni e i pidocchiosi di questo mondo.
E’ nella condizione di miseria , di bisogno, di essere indifeso che l’uomo riconosce la sua autentica matrice umana, la condizione che lo accomuna agli altri uomini spogliato da tutti gli orpelli di titoli e di categorie sociali.
E’ l’antica pietas, nascosta nelle pieghe profonde del nostro intimo che inconsapevolmente emerge e si riversa sul nemico annientato divenuto d’un tratto indifeso e in balia del nostro potere, sul potente detronizzato riscopertosi solo ed odiato, sul reo nel banco degli accusati, sul condannato al patibolo, sul malato terminale, sul cadavere anonimo, dimenticando per un momento il loro passato malvagio e disumano.
I poveri , i senza nulla meritano rispetto, non solo per un sentimento di solidarietà, ma più ancora perché nella nudità non solo fisica del loro stato, imprinting ancestrale della specie umana , essi sono l’immagine della universalità umana. Per questo in una consolidata visione trans-etnica e trans-culturale noi diciamo che anche i morti meritano pietà a prescindere da quello che essi sono stati e da quello che hanno fatto, perché nel momento del ritorno alla madre terra essi ripropongono la comune origine del genere umano.
“ Uomo tu sei polvere e polvere ritornerai” , ammoniscono le usate parole della nostra liturgia cristiana. Eppure mai parole così attuali sono vere per chi ha fatto del proprio stato uno strumento di dominio, di sfruttamento, di violenza, di distanza dagli altri. Ma sono al contempo monito per chi si assoggetta volontariamente all’altro rinunziando alla sua intelligenza, alla sua capacità critica e alla sua libertà, ovvero alla sua innata dignità di Signore.
Troppo, troppo spesso noi massa, noi popolo, noi elettorato, noi cittadinanza, noi audience, noi comunità religiosa politica etnica, noi avanguardia culturale e raziocinante abbiamo fatto e continuiamo a fare dell’altro il nostro idolo indiscusso, asserviti e massificati al potere ,alla moda, alla corrente dominante in una acritica adesione fanatica ai misfatti e alle negligenze giustificando il nostro ipocrita immobilismo come tutela a un bene superiore sia esso quello della famiglia o dell’integrità nazionale culturale e religiosa, perseguitando e additando come pericolo a tali valori chi coraggiosamente si erge a monito e a condanna. La risposta del potere in questi casi è sempre la stessa:” Che c’è fra noi e te ? Sei venuto a rovinarci?” Mc1,24.
“ Uno solo è buono”Mt19,17; Mc10,18; Lc18,19 è l’affermazione unica e vera. Perché in essa è contenuto il modello di riferimento per ogni uomo, contrario alla posizione di dominio e di potere, lontano da ogni ambizione di rango o di prestigio. E’ il modello speciale di capo che non si impone ai suoi discepoli, li tratta da amici e considera tutti i suoi seguaci come familiari; mette la sua vita al servizio degli altri e opera affinché gli altri diventino come lui e si annullino le disuguaglianze all’interno della comunità.
Allora ,Signore, donaci la capacità di discernere il buono dal cattivo profeta ; trasmettici, Signore, la forza dello Spirito, la sola capace di sostenere l’arroganza del potente di turno, foss’anche l’indiscusso leader politico, il potente magnate dell’economia, la massima autorità religiosa e alla boriosa intimidazione :” lo sai che ho il potere di vita su di te?” Gv19,10, ricordare che loro non sono che un nulla; non sono che dei poveri clochard, bisognosi della nostra compassione e del perdono del Padre.